Sunday, September 11, 2011

Changes.

Pochi, veramente pochi giorni prima del grande trasferimento. Sono su di giri, ovvio, ma anche un po' preoccupata, piena di dubbi ed incertezze a proposito di qualcosa che ho sognato per anni e che si sta concretizzando. Non fraintendetemi, sono way excited: finalmente nuovi stimoli! Chissà che, finalmente, verranno prima le cose da fare, susseguendosi in un flusso continuo di giornate, anzichè le giornate, da riempire con le cose per ammazzare il tempo o perlomeno per sentirsi normale. Non resterei a casa: troppo strana la casa con me e mio padre. C'è una sensazione di disagio nell'aria: suo, che cerca di essere più o meno gentile senza riuscirci; io, che cerco di essere più o meno gentile senza riuscirci. Conversazioni smozzicate, esclamazioni entusiaste che non ricevono risposta, dire di aver visto uno splendido film senza che l'altro ti chieda nemmeno "Cos'era?", non capirsi. Voler guardare un film dall'inizio alla fine, con le luci spente e una vaschetta di gelato, e invece fare zapping continuo dalla partita a due film senza rispondere alla voce che ti spiega chi sono i personaggi principali. Apparecchiare, sparecchiare, lavare il lavandino e portar giù la spazzatura, e invece andare al bagno e versarsi un goccio di rum. Non è che io non sia riconoscente a mio padre: se vado a studiare a Venezia, se faccio le vacanze, se ho la possibilità (non sfruttata) di andare a New York, se per la mia età ho visto una buona fetta di mondo, se l'altro ieri ho acquistato un delizioso montgomery, se non lavoro nè faccio chissà quale economia (ma dovrei e dovrò) è grazie a lui, che davvero vuole offrirci tutto ciò, e davvero gli interessa investire sul nostro futuro. Eppure, se mi guardo indietro l'unica cosa per cui riesco a ringraziarlo sono i soldi, i soldi, i soldi. Mai una volta che mi stia ad ascoltare, mai una volta che io avverta un minimo interesse da parte sua verso i miei discorsi o la mia persona.. So bene che non mi crede un granchè. Lui si sforza d'esser gentile ogni tanto, e io lo stesso, ma è tutto troppo finto, sforzato, per l'appunto. Ecco perchè non vedo l'ora di essere lì e non sentire più le lamentele di mia madre su mio padre e quelle di mio padre su mia madre, discorsi di soldi e compagnia bella. Ora mi trasferisco e sarò un'universitaria in piena regola, a Venezia per di più. Non posso credere di avere la fortuna di studiare in un posto così bello, non m'importa un fico secco dei locali o della vita notturna- è Venezia, diamine! Uscire a farsi un giro la sera e camminare lungo i canali, andare alla Biennale, andare a teatro, partecipare alle cinquemila conferenze (Jean-Luc Godard arrivo), correre da una sede all'altra, Venezia d'inverno, Venezia di sera e Venezia alle sette di mattina, come quando Woody fa jogging stalkando la Roberts più di quanto faccia io con un certo H.C., etc etc. Passa tutto in secondo piano quando mi rendo conto di dove sarò: ansie, paure, preoccupazioni, paranoie... Spero di essere, in qualche modo, una persona migliore. Un po' mi guardo indietro e temo per mia mamma che lascio "sola" (non è vero non lo sei), per i miei amici che abbraccerei tutti forte forte, per mia sorella a cui dovrei spedire una mail di chiarimento e scuse. Solo il tempo...

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