Sunday, March 1, 2015

Ho sempre avuto paura di dimenticarmi le cose... che mi scivolino via di dosso prima che io riesca a trattenerle. E così, quando Paolo mi ricorda il nostro primo bacio dopo che ci siamo riavvicinati, io ci rimango male perchè non mi ricordo i dettagli che lui snocciola. Non che lui si ricordi tutto... Ma quando una persona mi racconta qualcosa che avrei voluto conservare, come un prezioso da porre in un portagoie e lucidare giornalmente... Sono grata che ci sia un'altra persona che possa ricordarselo, ma mi dispiace e mi dò un po' la colpa perchè mi sento sempre distratta e presa dalle mie cose (volontariamente ma senza esserne minimamente contenta, anzi) per dedicarmi a qualcosa al cento per cento. Anche ora mentre scrivo, non sono totalmente assorbita... Devo trovare qualcosa che invece mi porti su un'altra dimensione e mi faccia dimenticare le mie questioni, le mie ansie e le mie preoccupazioni velenose. E mentre Thom Yorke canta Bodysnatchers penso che la musica ci riesce, a volte... Ma non è abbastanza liberatorio se l'ascolti e basta. Anche baciare Paolo... E cantare a squarciagola in macchina gli Smiths. E ballare come degli scemi canzoni slave da discoteche estive montenegrine, ma quello non conta perchè le due medie invece contavano. O forse ci mettiamo anche le birre nel sottoinsieme delle cose che mi fanno perdere di vista le mie ossessioni, che non è male coem cosa. Camminare con lui in una bella giornata di sole, i raggi che mi riscaldano la pelle, ricordi che raffiorano... Le prime uscite a Legnano, quando sceglievo accuratamente cosa indossare perchè gli piacessi. Com'ero presa, allora... Era tutto così nuovo ed eccitante, non sapevo se l'avrei convinto, se gli sarei piaciuta davvero... E così, le discussioni sulle panchine, i giri al parco. Quel pomeriggio al museo, quel giorno soleggiato trascorso in gran parte a parlare sugli scalini di una Sant'Alessandro deserta. Vestiti uguali. Guardarci, prenderci dentro, fare finta di essere offesi. Sentire la chimica, e allo stesso tempo guardarmi e pensare di non essere abbastanza, sentirsi bruttina, accaldata e vestita male, immaginarsi il naso lucido e il sole che ci batte sopra e pensare che chi vorrebbe baciare una pelle così brutta?
Poi, un discorso sentito e così, all'improvviso, ti prendo la mano... Un bacio strano, entrambi increduli, straniti, io non più sicura, per un attimo tentenno... Baciare un ragazzo che fino ad allora non era stato, almeno formalmente, che un amico? Se solo sapesse quanto tempo ho passato a guardarlo, ad ammirarlo, come se fosse un essere esotico dietro a un vetro... Delicato, intelligente, bellissimo, elegante, simpatico, brillante- volevo essere così. O lo volevo? Non lo so, forse per facilitarmi le cose non lo ammettevo a me stessa... Ma diventava ogni giorno più importante, la sua assenza era notata più di quella di chiunque altro, e quando si isolava con qualcun altro mi rattristavo un poco. Poi a Edimburgo, quell'abbraccio... Ma era un abbraccio da amica, da buon'amica: eravamo due amici che entravano più in confidenza e sentivano l'empatia. Ancora me ne guardavo bene dal comportarmi liberamente con lui... Ma lo accompagnai volentieri in ostello a Glasgow quando non si sentì bene: volevo che stesse meglio, e passare del tempo con lui. Fantasticavo su cosa sarebbe potuto succedere tra di noi in camera, soli: niente, ovviamente... Ma Scibbo fece una battuta in proposito più tardi, e io avvampai.
Ora questa persona è più vicina a me di chiunque altro, mi vengono le lacrime gli occhi a pensarci. Gli voglio un bene immenso e sento di essergli immensamente grata... Amo il tempo trascorso con lui, ma non sono facile come lui (o almeno, com'è lui di recente): a volte non ingrano proprio, l'umore non decolla... Ma quando entrambi siamo di buon umore e c'è qualcosa nell'aria (e ora i Radiohead suonano House of cards... I don't wanna be your friend, I just wanna be your lover- me l'ha detto lui...), facciamo qualcosa che ci accende o ci inebriamo semplicemente dei nostri sguardi, allora siamo felici insieme ed è qualcosa di assai migliore della felicità individuale. Entrambe prima o poi sbiadiscono, ma questa è più intensa, più magica e meno razionale.
Poi c'è il mio lato pratico e razionale che mi riporta subito alla realtà: non riesco ad abbandonarmi alle sensazioni e alle fantasie, ci riesco solo quando si tratta davvero di mera immaginazione. Se è realtà, allora inizio a rimuginare: per esempio, c'è una voce dentro di me che mi avverte dei rischi che abbandonarsi ad un'altra persona comporta, che mi ricorda quanto sia migliore l'indipendenza, che questa va conservata, altrimenti si è perduti... E c'è la voce della colpa, che mi ricorda sistematicamente le mie menzogne, le mie omissioni, e penso che non se le merita... Ma cosa posso fare ora? Un comportamento strettamente logico e morale porterebbe a una facile conclusione. Però sento di non poter farlo, ma mi vergogno talmente di me che non racconto niente a nessuno, e anche le persone più vicine a me conoscono una versione sbagliata, non sanno, non ho mai avuto cuore di dirglielo... Che razza di persona mi avrebbero considerata? Poi ho pensato che mi avrebbero capito... Ma poi il loro pensiero sarebbe andato subito a lui, e all'ingiustizia fattagli. E io? Io cosa penso? Forse è così che ho iniziato a perdere stima di me... Dovrei dirglielo, ma non posso. Non posso distruggere tutto e non posso distruggerlo... Forse più avanti, chissà. Ma adesso? Come potrei spiegargli che tutto ciò che affermo lo provo davvero, che è autentico ed è enorme... I miei comportamenti sono incoerenti. Lo farei ora? Giurerei di no... Ma chi lo sa per certo? Io penso sempre di saperlo, tutti siamo certi di cose su cui poi rivediamo le nostre posizioni, cambiamo idea o ci rendiamo amaramente conto che le nostre sicurezze sono andate a quel paese.
Come potrei dirgli degli altri ricordi che conservo con dolcezza? Forse fa lo stesso anche lui... Ma non potrei mai dirglielo, non potrei mai descriverli, soprattutto. Eppure lo amo... E quando mi guarda, quando mi abbraccia sento di essere la persona più fortunata dell'universo. Quando lo vedo a casa sua, nel suo ambiente, mostrare la sua natura senza filtri... Lo amo ancor di più. E voglio bene anche ad altre persone, ma soprattutto ai loro ricordi, alle loro ombre, che si proiettano sul muro, ecco una figura sottile leggermente ricurva, le mani nelle tasche del cappotto nero con una cintura... Un maglione nero con lo scollo a V, un orologio regalatogli dal nonno, rivedere quella camicia nelle foto e provare imbarazzo, poi sorriderne... Ho riletto quello che ho scritto più volte, non è tutto, ma sono contenta di aver annotato certi momenti finchè ne avevo memoria, non una memoria sbiadita e ripercorsa troppe volte per essere certa dei dettagli, bensì una memoria vivida e ancora ansimante. Un abbraccio alla fermata del pullman... Il pullman che passa... Ignorarlo, fra le risate, e l'ora che si fa immancabilmente sempre più tarda. Non ricordo quando avremmo dovuto reincontrarci ma, nel discorso, uscì anche il 2017. Lo spero tanto. O forse no. Eppur lo amo. Ma non è giusto nemmeno lasciare andare tutto il resto...